domenica 20 febbraio 2011

Arabesque


Darren Aronofsky, dall'ultimo The Wrestler arrivando a questo cigno nero, fa del lavoro sul corpo la meta di un percorso che è primordialmente legato all'esecuzione mentale. Se pellicole come π, Requiem for a Dream, e The Fountain ambivano a sfoggiare una solida astrazione legata a continue sperimentazioni visive, "relegando" la componente narrativa a mediatrice strutturale, opere come le ultime due realizzate, invece, mostrano un assestamento apparentemente placido dal punto di vista narrativo-espositivo. E la procedura di e sul corpo, effettivamente, muove il timone dello sviluppo filmico; basti pensare alla preparazione di The Ram ben si accosta, paradossalmente, alla sfiancante routine a cui sono sottoposte le danzatrici della compagnia di balletto in Black Swan. Il dualismo, la dicotomia tra due personalità all'insegna della medesima forma fisica (leggi: stesso corpo) non è esclusivamente quella del Cigno Bianco in alternativa a quello nero, spaventosa proiezione che prende il nome di Odile. È anche quella di una genitrice che non riesce ad equilibrare l'amore per la figlia e quello per la danza. Le colpe delle madri danzatrici ricadranno sulle loro creature. E, tornando al discorso corporale, cos'è il corpo, per Nina, se non l'unica forma possibile per giungere alla perfezione? È l'unico fattore che conta, a discapito delle teorie progressiste del maestro LeRoy. È per questo che le continue visioni della protagonista di sé stessa negli altri, sulla metro o nell'ombra, non sono che ossessivi e repulsivi stimoli a glorificare il proprio aspetto fisico e a renderlo immortale. E la gloria non tarderà ad arrivare: Nina riesce a trasformarsi in quel cigno nero, ma il suo non sarà un semplice apprendistato per diventare sensuale e misteriosa, come Odile. Sarà un microscopico e letale innesto di piccole parti di sé all'interno dell'universo che la circonda: le compagne di balletto, danzatrici decadute, dirompenti colleghe/rivali/amiche/amanti. Non è più Nina a diventare prima Odette e poi Odile, ma Odette e Odile a guadagnare le bordature più oscure dell'animo della giovane donna. E tutto si chiude nella lattiginosa presenza di un materasso che può ben poco. Se vogliamo essere scontati, si potrebbe riassumere così l'iter feroce a cui è vincolato, quasi come fosse immobile spettatore, il corpo martoriato della danzatrice newyorkese Nina. Non soltanto dalle punte.

1 commento:

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